Diabete 1, vecchio farmaco può ridurre l'uso di insulina
Metformina taglia il fabbisogno del 12%
La merformina, un farmaco usato da decenni per trattare il diabete di tipo 2, potrebbe essere in grado di ridurre il fabbisogno di insulina nelle persone con diabete di tipo 1. È la scoperta che arriva da uno studio condotto da ricercatori del Garvan Institute of Medical Research di Sidney pubblicato su Nature Communications. Lo studio ha preso le mosse dal tentativo di comprendere se la metformina possa aiutare a contrastare i fenomeni di resistenza all'insulina nelle persone con diabete di tipo 1. "La resistenza all'insulina è un problema crescente nel diabete di tipo 1. Non solo rende difficile la regolazione dei livelli di zucchero nel sangue, ma è un fattore di rischio sottovalutato per le malattie cardiache, che rappresentano una delle maggiori cause di complicanze e decessi nelle persone con diabete di tipo 1", afferma la prima firmataria dello studio Jennifer Snaith. Il gruppo di ricerca ha ora testato questa ipotesi in 40 volontari scoprendo che, nelle persone con diabete di tipo 1, l'uso della merformina non porta miglioramenti sulla resistenza all'insulina o sui livelli di zucchero nel sangue. Tuttavia, esercita un altro effetto: riduce la quantità di insulina di cui le persone hanno bisogno per mantenere stabili gli zuccheri nel sangue. "Abbiamo dimostrato che le persone che assumevano metformina usavano circa il 12% di insulina in meno rispetto a quelle che assumevano il placebo. Questo è un risultato importante. Abbassare la quantità di insulina utilizzata è una priorità per molte persone che vivono con il diabete di tipo 1", aggiunge Snaith. Ora i ricercatori vogliono comprendere il meccanismo attraverso cui la metformina esercita questa azione. L'attenzione è concentrata sul ruolo del microbiota: "Ci sono prove crescenti che suggeriscono che la metformina può agire sull'intestino. Questo è il motivo per cui stiamo ora studiando come la metformina cambia la flora intestinale. Speriamo che ci fornisca indizi sul meccanismo d'azione, in modo che possa essere più ampiamente utilizzata nella gestione del diabete di tipo 1", conclude Snaith.
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